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24 April, 2024, 02:13
Il gioco interiore nel tennis

Il gioco interiore del tennis – Un best seller da leggere

Il gioco interiore del tennis. Come usare la mente per raggiungere l’eccellenza

“L’avversario che si nasconde nella nostra mente è molto più difficile da sconfiggere di quello che esiste nella realtà al di là della rete”.
Con questa frase, contenuta nel suo “Il gioco interiore del tennis” pubblicato nel 1974, Timothy W. Gallwey è stato consacrato, insieme a John Withmore, come padre fondatore del coaching moderno.
Si tratta di un libro che rappresenta una fonte di ispirazione e di riflessione non solo per i giocatori di tennis ma per tutti coloro che vogliono migliorare le proprie prestazioni nello sport in generale, nel lavoro e nella vita di tutti i giorni.
Il Gioco interiore del tennis, o The Inner Game of Tennis, come si intitola in lingua originale, è un libro che ha avuto un successo incredibile: pensate che è stato il primo volume sulla psicologia sportiva uscito negli Stati Uniti. Dalla sua originale metodologia ne hanno beneficiato numerose aziende di successo, tra cui Apple e Coca Cola. Oggi è il libro di tennis più venduto su Amazon e a chi non ha avuto ancora il piacere di leggerlo, consigliamo assolutamente di aggiungersi alla lunga lista dei suoi estimatori.

Il pensiero dell’autore nasce da una considerazione che lui stesso fece durante una partita di tennis: il singolo giocatore ha sostanzialmente non uno, ma due avversari.
Non deve affrontare infatti solo il giocatore posizionato dall’altra parte della rete. Quello sicuramente più tosto e nascosto è la sua mente, che gli lancia segnali insinuando dubbi e insicurezze da cui possono scaturire inevitabili cali di concentrazione di tensione. E vien da sé dunque che, qualora tutti questi pensieri negativi dovessero avere la meglio, sarebbe statisticamente molto complicato vincere la partita contro l’avversario ‘esterno’.
E non è difficile allora pensare di poter applicare questa premessa, prettamente tennistica, alla vita di tutti i giorni, dove ciascuno di noi si trova ad affrontare sfide (ad esempio lavorative) in cui miriamo ad avere successo.

Ora la domanda che sorge spontanea è la seguente: ma cosa succede, dentro ognuno di noi, quando ci troviamo a dover fronteggiare questo tipo di sfide?
Ce lo dice lo stesso Gallwey, ancora prendendo spunto da una partita di tennis durante la quale sentiva i giocatori parlare da soli esclamando frasi del tipo “Svegliati, ma che tiro hai fatto?” o “Puoi fare meglio di così” o ancora “Gioca semplice”.
Ecco allora che il nostro autore si interrogava su chi stesse parlando con chi, arrivando alla conclusione che ogni giocatore ha dentro di sé ben due giocatori: un Sé 1 e un Sé 2.
Troviamo infatti il Sé 1, la parte razionale che giudica e critica, e il Sé 2 (il nostro corpo, il sistema nervoso e la mente inconscia), ossia l’esecutore materiale che gioca la partita.

Dunque, il segreto per ottimizzare le proprie prestazioni sia nel tennis che nella vita di tutti i giorni, secondo Gallwey, si celerebbe proprio in questa complicata relazione: migliorando questa, aumentano le possibilità di successo.
Tutte queste considerazioni, però, dovevano poi trovare un’applicazione pratica e concreta. Ecco perché Gallwey iniziò a cambiare radicalmente la metodologia di allenamento dei suoi atleti, arrivando a concepire un processo caratterizzato da 4 fasi ben distinte e così schematizzabili:
– Osserva senza giudicare: bisogna limitarsi ad osservare la propria performance senza giudicarla o senza cercare di migliorarla.
– Programma il Sé 2 con immagini, sentimenti e immaginazione: quante volte ci capita di “prendere spunto da qualcun altro”. Ecco, questa è l’essenza del punto due: non siamo bravi al servizio? Benissimo, allora osserviamo tutti coloro che hanno un servizio potente, cerchiamo di carpirne i segreti immaginando quel movimento più volte nella nostra testa e provando anche a sentire le emozioni che il giocatore che stiamo osservando sta provando durante l’atto.
– Lascia andare e lascia che accada: la fase cruciale. Qui è dove il Sé 1 impartisce gli ordini al Sé 2 per agire alla luce di tutto quello che è stato immagazzinato nella nostra mente.
– Osserva senza giudicare: torniamo al punto di partenza. Una volta eseguita l’azione, non giudicare, non etichettare quell’azione come, ad esempio, “un tiro buono o un tiro cattivo”.

Ma perché il nostro autore ci tiene così tanto ad evitare che ognuno di noi giudichi sé stesso?
Perché non porta nulla di buono ma solo tanta negatività: il ripeterci continuamente “Non sono bravo in questo, non sono bravo in quello” non fa altro che aumentare le probabilità che, ogni volta che ci troveremo in quella medesima situazione, avremo sempre lo stesso epilogo. È una sorta di “negatività porta negatività”: gli eventi, invece, devono essere visti semplicemente come quello che sono. E non solo nello sport, ma anche nelle riunioni, nelle cene e in qualsiasi altra occasione.

Concludendo, da Il Gioco Interiore del Tennis possiamo dedurre quanto segue: per sconfiggere il nostro avversario, qualunque esso sia, bisogna costruire una solidità e una stabilità interiori tali da poter vincere in primis contro il nostro avversario interno, il nostro S1.
Solo così saremo capaci di affrontare con successo qualsiasi scenario avremo di fronte.

 

 

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